Maya la bambina di una copia Romena muore a soli tre anni in ospedale


CASTELNOVO MONTI. Maya aveva appena tre anni e due occhi vispi. È morta giovedì. Il suo cuore ha smesso di battere alle 14.35 nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Santa Maria Nuova. Era il quarto arresto cardiaco dalle 10 del mattino. A quel punto, però, non ce l’ha fatta più. Tutto era partito 17 giorni prima con un raffreddore, poi una diagnosi di varicella. «Alla fine, quando è morta, ci hanno detto che aveva un virus: stafilococco, ci hanno detto... Sarebbe bastato un tampone fatto al momento giusto e una cura di antibiotici. Perché non è stato fatto prima?», chiede ora la mamma, Elena Dumitrascu, che assieme al marito e padre della piccola, Marius, ieri ha presentato un esposto ai carabinieri. «Perché voglio giustizia per mia figlia, e non voglio che capiti ad altri bambini».
La coppia, di origine rumena, da una decina d’anni si è trasferita in Italia e da tempo vive a Castelnovo Monti. Muratore lui, manager lei, da tre anni il loro mondo era tutto incentrato sulla piccola Maya. «Mia figlia aveva la sindrome di Down. Ma questo non c’entra. Aveva avuto un intervento al cuore, a Bologna, quando aveva 7 mesi. Ma non era una bambina malata, non aveva problemi, non era in cura per qualcosa», sottolinea la mamma.

















Maya andava all’asilo. C’è andata fino al 17 ottobre, «quando le è venuto il raffreddore e la tosse». È l’inizio di un calvario terminato con il tragico epilogo, 17 giorni dopo. «Avevamo chiamato il pediatra che, per telefono, ci aveva prescritto una normale cura per un raffreddore: aerosol, tachipirina, sciroppo». Sembrava migliorare, poi però il peggioramento. È il martedì successivo quando Maya viene portata dal pediatra. «Avevamo notato dei puntini sulla pelle. La diagnosi era stata varicella». Le cose però non migliorano. Qualche giorno dopo i sintomi peggiorano: la febbre è ancora alta, la tosse si aggrava, respirava male e vomitava. «Per questo, abbiamo chiamato la guardia medica». Secondo quanto racconta la mamma, ci vogliono un’altra chiamata al pediatra e la visita di un’altra guardia medica, la terza, in visita il 1° novembre, per sentirsi dire che, viste le condizioni ancora peggiorate della bambina, occorreva andare al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Anna di Castelnovo Monti. «Ci siamo presentati là con una bambina che aveva 38.9 di febbre, che non mangiava, che vomitava, che aveva la diarrea, che aveva dolori, che si vedeva che aveva il cuore che batteva forte. Lo segnalavamo, ci continuavano a dire che lo avrebbe valutato il dottore. E quando l’ha guardata, ha continuato a dire che era varicella. Ci ha dato una cura massiccia e ci ha mandati a casa». Maya però a casa non migliora affatto. Seguono altre chiamate al pediatra e al Sant’Anna. Fino a che, alle 22 di domenica, i due genitori, ormai preoccupatissimi, portano la bambina al Santa Maria Nuova. Sono le ultime ore di vita di Maya.
«Ci hanno tenuti in codice giallo, messo una flebo, in attesa perché c’era un’emergenza – racconta Elena Dumitrascu –. Continuavamo a dire che Maya stava male, che respirava male. Mi sono arrabbiata. Le hanno fatto dei prelievi: non vi dico in che condizioni era...». Sono le 5 del mattino, sette ore dopo l’ingresso in ospedale, quando arrivano le risposte. «Un medico ci ha detto che aveva un virus e che ormai era molto grave. Che si stavano attivando per un trasferimento a Parma o a Bologna». La bambina intanto viene trasferita in Rianimazione. Partono le cure. Ma all’improvviso Maya non piange più. «È andata in arresto cardiaco. Una, due, tre volte. Alla quarta non sono più riusciti a rianimarla». Mamma Elena e papà Marius, però, ora non vogliono che cali il silenzio. «Mia figlia niente me la riporta indietro. Ma in questi tre anni, tante volte tutto veniva liquidato come causa della sindrome di Down, delle difese immunitarie basse. Ma in tre anni Maya non ha mai avuto niente. E il cuore stava bene. È partito tutto dalla gola, perché non le hanno fatto un tampone prima? Perché non le hanno dato subito l’antibiotico?». Sono le domande a cui ora pretendono una risposta.

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